lunedì 25 aprile 2011

(me compreso)


“Il Cambiamento”. Secondo voi è una cosa positiva o negativa?
Domanda del cazzo, certo.
Se vinco alla lotteria è di certo un cambiamento positivo, se mi sbrana un puma no.

Esiste comunque una certa retorica sul cambiamento, e siccome la retorica non va per il sottile si tratta di argomentazioni o totalmente positive o totalmente negative.
Tutti i politici ad esempio invocano il cambiamento, i progressisti danno al concetto un valore positivo (Obama c'ha vinto le elezioni), mentre i conservatori tendono ad averne paura auspicando un mondo immutabile (vedi alla voce “Lega Nord”).


Quando si ha voglia di scrivere qualcosa di importante, in un momento cruciale della propria vita, magari mettendo in mezzo concettoni come “il cambiamento”, si rischia a propria volta di farsi intrappolare dalla retorica e raccontarlo come un avvenimento mitico, in cui il protagonista è dipinto come un eroe omerico.
Almeno questo è quello che faccio io, per dare un senso ai continui cambiamenti che periodicamente hanno terremotato la mia vita. E se qualcuno ha visto come tengo la mia stanza saprà che “terremotato”  non è un termine usato a caso.
Nel lasciare la mia città d'adozione e quindi l'Italia non c'è nulla di eroico. Forse il vero eroismo è rimanere qua, dove tutto è fermo e la ricerca della propria strada è ostacolata e svilita.

Adesso mi ritrovo in mezzo al caos di un viaggio iniziato con parecchi ostacoli, in mezzo a scatoloni, valige, due amici spagnoli  che mi hanno aspettato dieci giorni, un furgone che mi ha lasciato per strada in mezzo alle colline toscane.
E poi ancora: una corsa contro il tempo, il furgone messo a posto, una partenza che finalmente si riesce a intravedere, un viaggio verso nord.
La malinconia quando vado a trovare la mia famiglia, gli stessi conflitti adolescenziali mai risolti, i genitori sempre più anziani, la tristezza nel ripartire ogni volta, ma anche la consapevolezza che tornare a vivere lì sarebbe improponibile.
Lo stress, l'inquietudine di un viaggio che non iniziava, che mi faceva impazzire, che vedevo come una congiura degli dèi contro di me, contro la mia urgenza di cambiamento.
E ancora: una città che non era mia, ma che lo è diventata e che lascio dopo quasi dodici anni,tutti i ricordi infilati alla rinfusa negli scatoloni, disordine dappertutto.

Se si vuol stare su una bicicletta senza cadere bisogna pedalare. Forse il cambiamento altro non è che questo pedalare. Poi tutto dipende dalla direzione che uno sceglie.
Io di direzioni ne ho fin troppe in testa, che è come non averne nessuna. Ma spero non mi giudichiate troppo severamente per questo. Quando la troverò allora la metterò in garage 'sta bicicletta, ma fino ad allora mi tocca pedalare, che se mi fermo non vado da nessuna parte.
E in più cado!

Buona Liberazione a tutti! (me compreso)


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