sabato 29 ottobre 2011

Sandro Usai

Non sono un “nativo digitale”, ma nemmeno un cinquantenne rincoglionito che non capisce nulla di web.
Mi sono comprato il primo computer a 22 anni, collegato ad internet subito dopo, dieci anni belli pieni di vita da moderno cittadino del ventunesimo secolo.

Mi lasciano perplesso i giovani che demonizzano internet, personalmente farei fatica a riabituarmi ad una vita predigitale, sebbene talvolta ne avrei bisogno.

Se c'è una cosa che ho capito del web in questi miei dieci anni di frequentazione di forum, social network, siti, blog, è che tutto è orizzontale, non c'è nessuna autorità dall'alto che imponga una gerarchia alle informazioni, ai fatti, alle cose.

E quindi può capitare che riesca ad essere informato su fatti importanti, ma nascosti dai media principali, oppure che perda il mio tempo su notizie del tutto insignificanti che mi sembrano vere.
Oppure ancora venire a conoscenza di notizie importanti attraverso notizie insignificanti.

Mai avrei immaginato che sarei venuto a conoscenza del fatto che in Uzbekistan vi sia una dittatura attraverso una notizia riguardante Eros Ramazzotti.
Ma tant'è.

Certe volte però sembra che una gerarchia alle informazioni si crei di sola, una notizia si diffonda a dismisura a dispetto di altre. E questo dispiace, soprattutto quando si dà forse un eccessivo valore simbolico alla morte di qualcuno, e nessun valore alla morte di qualcun'altro.
Che magari ne meritava un po' di più.

Non è bello fare una classifica dei morti, una top ten del dolore. E non intendo farlo.

Ma fa rabbia vedere come la morte di un motociclista famoso abbia oscurato decine e decine di altre morti , avvenute negli stessi giorni all'interno di  gravi tragedie.

Senza nulla togliere al dolore dei familiari e amici del motociclista, mi indigna che non si siano spese altrettante parole di dolore per le centinaia di morti nel terremoto in Turchia, o le decine di morti nell'alluvione in Liguria e Toscana.


Quando muore uno famoso non muore solo una persona. Muore un simbolo, un icona.
Il processo identificativo con l'icona è immediato, forse naturale.
Ma risulta difficile identificarsi in centinaia di vittime.

E allora mi pare giusto prendere una sola persona tra le due tragedie, e renderla icona (nonostante non sia nemmeno riuscito a trovare una foto su internet).

Un volontario morto nell'alluvione ligure, che rappresenti metonimicamente tutte le vittime trascurate dai media. E non parlo solo dei social network ( tantissimi post lagnosi su facebook, avatar dedicati alla morte del motociclista e quasi nessuno ha speso una parola per i terremotati e gli alluvionati), ma anche i principali quotidiani online (su Repubblica.it per giorni ampio spazio al motociclista, il terremoto turco relegato ad un trafiletto minore, e così altri giornali).

Questo volontario si chiamava Sandro Usai.

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