venerdì 10 agosto 2012

Cartelloni cubani

(impressioni cubane, prima parte)

(english version following)

 

E' passato qualche mese da quando sono andato in vacanza a Cuba.
Da tempo volevo andarci, avevo rimandato troppo. Volevo visitarla prima che finisse l'epopea umana di Fidel Castro.

Cuba è un posto curioso. Non è possibile fare semplicemente del turismo a Cuba. Il turismo a Cuba è sempre accompagnato da un aggettivo qualificativo, nella fattispecie i seguenti due:
1)turismo sessuale
2) turismo ideologico

Per la maggior parte della gente è impensabile fare del semplice turismo a Cuba. Quasi il 100% dei tuoi interlocutori ( e oserei dire dei turisti incontrati in loco) che vanno a Cuba si inseriscono tranquillamente in una di queste due categorie.

Adesso, non voglio fare l'alternativo a tutti costi.

Ma io a Cuba ci sono voluto andare per fare del turismo e basta. Sapevo che sarebbe stato un viaggio diverso dagli altri, avevo di certo voglia di capire qualcosina in più su questa isola dalla storia incredibile. Ma credetemi, non sono andato a Cuba né per scopare, né per vedere la tomba del Che.
Il bello è che ci sono andato con due miei amici che hanno, uno scopato, l'altro visto la tomba del Che.
Un po' scemo mi sono sentito, a dire il vero.

Anche perchè quando racconto del mio viaggio agli amici le domande che mi pongono sono: “hai scopato?” e/o “hai visto la tomba del Che?”.

Alle mie risposte negative mi guardano delusi, a volte non capendo che cazzo sono andato a Cuba a fare.
Ma vabbè.
In realtà il viaggio nell'isola caraibica è stato molto istruttivo.
Alcune cose mi sono piaciute, altre meno. Ma sarebbe molto lungo elencarle adesso.

Quello che volevo fare adesso è piuttosto riflettere sul concetto di scelta in democrazia.

Dopo il viaggio a Cuba ed essermi fatto, più o meno, un'idea mia sui risultati della Rivoluzione, volevo tanto sentire il punto di vista di Fidel Castro. Ho preso il librone intervista del 2003 in cui Castro condivide il suo punto di vista col giornalista Ignacio Ramonet (“ Cien horas con Fidel”, un titolo che è tutto un programma. Un mattone di più di seicento pagine. Ma molto scorrevole e interessante, lo consiglio).

Il giornalista ad un certo punto fa a Fidel la fatidica domanda sulla democrazia, sul fatto che sì, begli ideali, belle scommesse, tanti colpi bassi dagli USA, ma comunque a Cuba non c'è una vera democrazia, dato che i Castro sono comunque al potere da decenni e non ci sono delle elezioni che permettano al popolo di scegliere.

La risposta di Castro mi ha colpito.
A Cuba ci sono elezioni, dice. Elezioni locali. La gente vota i propri rappresentanti locali, che devono essere chiaramente fedeli alla Rivoluzione.
La presenza di Castro alla presidenza non sarebbe altro che un simbolo, una garanzia per la Rivoluzione stessa. I cubani hanno scelto già, cacciando via un governo corrotto e instaurando il socialismo. Se a mezzo secolo dallo sbarco del Granma vige ancora questo sistema e nessuno ha mai fatto una vera controrivoluzione, ciò significa che ai cubani va benissimo così.
E poi, chiosa Fidel (riporto a memoria), siete davvero sicuri che voi (riferendosi a tutti i cosidetti paesi democratici) abbiate davvero libertà di scelta quando andate a votare due candidati praticamente identici?


Questa storia che i candidati alle elezioni siano identici rischia di ricordare i tormentoni di Grillo. Ma Fidel Castro ha senz'altro uno spessore culturale diverso da quello del comicopolitico genovese, e la sua domanda va valutata con più attenzione.
Il nocciolo del discorso è questo. Ogni volta che noi “paesi democratici” andiamo a votare un candidato di destra o di sinistra, andiamo a votare due persone che propongono sfumature diverse all'interno di un sistema economico e politico che ci hanno dato per immutabile. Quello dell'attuale  capitalismo. E' chiaro che Obama sia diverso da Bush, che Bersani sia diverso da Berlusconi. Ma i programmi che tutti loro propongono si inseriscono all'interno di un sistema che nessuno ha deciso. Ne' i politici, ne' tantomeno noi.

Mi faceva impressione vedere che a Cuba non esistesse la pubblicità.
Solo grandi cartelli con eroi della Rivoluzione, frasi di Che Guevara, Josè Martì e molti altri. Massime morali.
Agli occhi di un “democratico” occidentale facevano quasi sorridere.
Poi pensavo alle nostre di strade.
 Zeppe di pubblicità di prodotti che nemmeno ci servono, piene di desideri indotti di cose di cui un attimo prima non ne sentivamo  il bisogno.
Cos'era meglio?
Una frase che dice “fedeli alla nostra storia” o una mela morsicata che dice “pensa differentemente” a milioni di persone che poi comprano lo stesso tablet?
Su Cuba e su Castro si possono fare tante critiche. Fidel non è certo un santo e Cuba non è affatto il paradiso. Ma almeno i cubani hanno fatto una rivoluzione per scegliere un sistema politico ed economico.

Noi “democratici” occidentali, quando l'abbiamo scelto il sistema in cui viviamo?

I cartelloni cubani veicolano un ideologia.I nostri forse no?

Mentre penso a tutto questo sono sul taxi (un'auto bianca degli anni Cinquanta) che ci sta portando ad Alamar, ascolto musica col mio ipod. Lo guardo e entro in un flash forward: tra qualche mese quell'ipod avrà un problema, sarò costretto a portarlo a riparare. Mi allontano per qualche minuto dalla calda atmosfera caraibica e sono a Bergen, in Norvegia, all'interno dell'Apple  Store....


(fine prima parte. prossimo capitolo "Il peccato originale" )




english version

Cubans' poster

(cuban impressions, first part)

 

 Some months passed since I've gone in holyday to Cuba.
I wanted to go since long time, I postponed it too many times. I wanted to visit it before the human adveture of Fidel Castro would end.

Cuba is a weird place. It's not possible to do  simple tourism in Cuba. The tourism in Cuba is always associated with a qualitative adjective, in the case in point the following two:
1)sexual tourism
2) ideological tourism
 
For most people is inconceivable  to do simple tourism in Cuba. Almost 100% of your interlocutors (I would say of the tourist I met in loco)  going in Cuba belong to one of these categories.

Now, I don't want to do the alternativ at all costs.

But I wanted to go in Cuba to be a tourist and that's it. I knew  it would be a trip different than the others and I really wanted to know something more about this island with such an incredible story.
Believe me, I haven't been in Cuba to get laid or to visit the tomb of Che.
The best of it is that I went there with two friends of mine who got laid (one) and visited the tomb of Che (the other one).

I felt a little fool, actually.

Also because when I talk about my cuban trip my friend ask me “ did you get laid and/or visit te tomb of Che?”. When I answer negatively they are a little disappointed and don't understand what the fuck I went in Cuba for.
Whatever.

Actually the trip in Cuba was very informative. I liked some things, I did'nt like something else. It would be too long to list all of them now.

What I want to do now is to reflect about the concept of choise in democracy.

After my cuban trip I gained, more or less, an insight into the results of the Revolution, and I wanted to know the point of view of Fidel Castro. I took a big book, an 2003's interview where Castro share his point of view with the journalist Ignacio Ramonet  (“One hundred hours with Fidel”, I recommend it).

At one point the journalist enquire Fidel  about democracy. Ok, hights ideals, hights perpectives, many blows below the belt from USA, but anyway in Cuba ther's not a real democracy 'cause the Castros are in charge since decades the people are not allowed to choise by regular elections.

 I was struck with Castro's answer.
In Cuba there are elections, he said. Local elections. People vote their local representatives which have to be, obviously, loyals to the Revolution.
The presence of Castro would be just a symbol, a guarantee for the Revolution itself. Cubans have chosen already chasing away  a corrupt government and enstablish socialism. If after half century nobody have done a counterrevolution it means that for cubans is fine like this.
And then, add Fidel, are you really sure that you (referring to the so called democratic countries) are really free when you vote two candidates practically identical?

This argoment sounds a little superficial and populist, but maybe it deserve to be explored a little better.
The heart of the matter is this. Everytime we “democratic countries” go to vote a right or left candidate, we go to vote two persons that offer us different nuances  within an economic and social system that they gave us as immutable. The one of the present capitalistim. Of course Obama is different than Bush. But both's programs belong to a system that nobody has chosen.
Nor politicians, even less us.

I was impressed about the fact that in Cuba there is no advertising. Only big posters with the heroes of Revolution, mottos of Che Guevara , Josè Martì and many others.
Moral maxims.
At a first sight  they made me almost laught.
Then I thought to our streets.
Full of advertising of products we don't really need and induced desires.
What's better?
A motto saying “ faithful to our hystory” or a bitten apple saying “think different” to millions of people using the same tablet?

We can make several critics about Cuba and Castro. Fidel is not exactly a saint and Cuba is not the paradise. But at least  the cubans made a revolution to choose a politic and economic system. 
When did we “democratic” westerners choose the system we are living in?

Cubans posters spread an ideology.
Don't ours do the same?

Mentre penso a tutto questo sono sul taxi (un'auto bianca degli anni Cinquanta) che ci sta portando ad Alamar, ascolto musica col mio ipod. Lo guardo e entro in un flash forward: tra qualche mese quell'ipod avrà un problema, sarò costretto a portarlo a riparare. Mi allontano per qualche minuto dalla calda atmosfera caraibica e sono a Bergen, in Norvegia, all'interno dell'Apple  Store....

I'm on a taxi while I'm thinking about this. The taxi is an old car from the Fifties, leading us to Alamar. I'm listening music with my ipod. I look at it and I get into a flash forward: in few months I'll have some problem with my ipod and I have to bring it to a repair store. I fly away from the warm caraibean atmosphere where I am now, and I am in Bergen Norway, into an Apple store.....


(cuban impression, end of part one, next chapter "The original sin")




Han pasado algunos meses desde que estuve de vacaciones en Cuba. Había deseado ir hacia largo tiempo, pero lo pospuse muchas veces. Quería visitar el país antes de que concluyera la aventura humana de Fidel Castro.
Cuba es un raro lugar. No es posible hacer un turismo simple en Cuba. Al turismo en dicho país se le asocia siempre un adjetivo cualitativo, en especial cualquiera de los dos siguientes:
  1. Turismo sexual
  2. Turismo ideológico

Para la mayoría de la gente es inconcebible hacer un turismo simple en Cuba. Al menos cien por ciento de tus interlocutores (podría decir que todos los turistas que conocí) viajaban Cuba motivados por una de estas categorías.

No tiendo a seguir las opciones dadas, a cualquier costo.
Tenia claro que queria viajar a Cuba, ser una turista y eso es todo. Yo sabia que seria un viaje distinto a los demás y realmente quería conocer algo más sobre esta isla con tan increíble historia. Créame, no he viajado a Cuba para tener sexo o para visitar el memorial del Che. Lo mejor de esto es que estuve allá con dos amigos quienes sí tuvieron sexo (uno de ellos) y visitaron la tumba del Che (el otro).
Me sentí un poco tonto, de hecho.
También porque cada vez que hablo sobre mi viaje a Cuba mis amigos me preguntan: ¿tuviste sexo y/o visitaste el memorial del Che? Cuando respondo negativamente se muestran un poco decepcionados y no entienden por qué rayos fui a Cuba entonces.
Da igual.

Aún así mi viaje a Cuba fue muy informativo. Me gustaron algunas cosas, no me gustaron otras. Seria muy largo enunciarlas todas ahora.
Sobre todo cuando lo que realmente quiero hacer es reflexionar sobre el concepto de libertad de elección en la democracia.
Mi viaje a Cuba me permitió acercarme, más o menos, a los resultados de la Revolución, y deseé conocer el punto de vista de Fidel Castro. Tomé un libro grande, una entrevista del 2003 donde Castro compartía su punto de vista con el periodista Ignacio Ramonet (“Cien horas con Fidel”, lo recomiendo).
En un momento el periodista increpa a Fidel con una pregunta sobre la democracia. Está bien, grandes ideales, grandes perspectivas, muchos golpes bajos de parte de Estados Unidos, pero de cualquier manera en Cuba no hay una democracia real porque los Castros han estado en el gobierno durante décadas, no se le permite a la gente elegir a través de elecciones regulares.
Fui impresionado por la respuesta de Fidel castro. En Cuba hay elecciones, dijo él. Elecciones locales. La gente vota por sus representantes locales los cuales tienen que ser, obviamente, leales a la Revolución.
La presencia de Castro viene a ser solo un símbolo, una garantía para la Revolución misma. Los cubanos han elegido mantener fuera un gobierno corrupto y establecer el socialismo por su cuenta. Si después de medio siglo nadie ha hecho una contrarrevolución eso significa que los cubanos están bien como están.
Y entonces, añade Fidel, ¿están ustedes realmente seguros (refiriéndose a los llamados países democráticos) de que son efectivamente libres cuando votan por dos candidatos prácticamente idénticos?
Este argumento suena un poco superficial y populista, pero quizás merece ser explorado un poco mejor.
Esta es la cuestión. Cada vez que nosotros “países democráticos” votamos un candidato de derecha o izquierda, en realidad votamos a dos personas que nos ofrecen diferentes variaciones que pertenecen a un sistema económico y social que ellos nos dan como inmutable. El elegido por el capitalismo del presente. Por supuesto, Obama es diferente a Bush. Pero ambos programas pertenecen a un sistema que nadie ha elegido.
Ni políticos, ni siquiera nosotros.


Yo me sentí impresionado respecto al hecho de que en Cuba no hay publicidad. Solo grandes carteles (posters) de héroes de la Revolución, frases del Che Guevara, José Martí y muchos otros. Máximas morales. A primera vista, ellos me hicieron casi reir.
Después pensé en nuestras calles.
Llenas de publicidad de productos que no necesitamos realmente y que nos inducen deseos.
¿Qué es mejor?
¿Una frase diciendo “fieles a nuestra historia” o una manzana mordida diciendo “piensa distinto” a millones de personas que usan la misma tablet?
Podemos hacer muchas críticas sobre Cuba y Castro. Fidel no es exactamente un santo y Cuba no es ciertamente un paraíso. Pero al menos los cubanos hicieron una revolución para elegir un sistema político y económico.
¿Cuándo nosotros, occidentales “democráticos”, elegimos el sistema en el cual estamos viviendo?

Los posters cubanos esparcen una ideología.
¿No hacen nuestros posters lo mismo?

Viajo en un taxi mientras reflexiono sobre esto. El taxi es un carro antiguo de los años cincuenta, que nos lleva a Alamar. Estoy escuchando música con mi iPod. Lo miro y me introduzco en una predicción al futuro: en unos meses yo tendré problemas con mi iPod y tendré que llevarlo a una tienda de reparación. Vuelo lejos de la cálida atmósfera caribeña donde estoy ahora, y estoy en Bergen (Noruega), dentro de una tienda Apple…





6 commenti:

  1. Davvero molto interessante quello che hai scritto. Una volta abbiamo trattato l'argomento, ti ricordi? Ovviamente c'è davvero parecchia roba da dire, non posso liquidarlo in un post. Il problema della scelta in una società consumistica; la libertà; i regimi; le ideologie, e tutto il resto. Sono argomenti che mi interessano parecchio. Su alcune cose non sono completamente d'accordo con te. Per esempio credo che, scegliendo un partito piuttosto che un altro, non sia davvero tanto piccola la differenza fra programmi, tali da cambiare l'andamento e il destino del paese stesso. A questo punto dovremmo introdurre il reale valore e importanza dei partiti nei nostri giorni. Lo scontro ed il confronto che questi ultimi hanno con nuove forme di potere. Mi riferisco ai grossi gruppi economici, banche, televisione, sindacati, e decine(o centinaia) di altri poteri, dette lobby, che cercano di influenzare la gestione di una nazione.
    Poi voglio entrare, con cautela, nello specifico del caso cubano. Ovviamente tu ne sai più di me.
    Voglio farti una domanda: come si confronta il popolo cubano con il Castrismo? Senza ipocrisia. Cose ne pensa davvero? E soprattutto i cubani cosa sanno davvero della democrazia? (non è una domanda retorica).
    Certo, poi dovremmo parlare di come, e in che condizioni dovrebbe nascere una democrazia sotto il pesante influsso degli Stati Uniti. C'è il rischio che ne venga assorbita, questa ipotetica democrazia, dall' enorme potere che questi ultimi hanno in questa parte del mondo, e non solo. Ma questo è un altro discorso.
    Ti ricordi che una sera parlammo del libro di Reinaldo Arenas? Davvero interessante il suo punto di vista. Entrerebbe a pennello in questa discussione. Le dure critiche al regime di Castro. La mancanza di libertà. E nel suo caso la persecuzione, dura persecuzione, in termini di reato, degli omosessuali.
    Poi ci sarebbe l' importantissima, fondamentale questione dell' informazione. Sai benissimo che fare informazione libera in un regime totalitario è davvero un' utopia. Impossibile. Nemmeno a parlarne. Sappiamo tutti e due l'enorme importanza che copre l' informazione per lo sviluppo culturale e politico-culturale di una società! Direi che sta proprio alla base della cultura stessa. Alla base della formazione umana e sociale dell'idividuo.
    Come ti ho detto, c'è davvero tanto da dire, e io mi fermo qui.
    Cmq stima per quello che hai scritto. Porre questioni del genere ti fa onore. Ne dovremmo, tutti, parlare spesso. Osservare a fondo i "sistemi" in cui viviamo.

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    1. Si, ricordo che abbiamo parlato dal vivo di tutto questo. Uso il blog per dare un ordine ai miei pensieri, dato che con la senilità che avanza prima o poi mi scorderò tutto! :)
      Certo, su Cuba non ce ne possiamo uscire con un post e un commento. Io ho conosciuto qualcosa, ma di certo c'è molto da conoscere di questa piccola isola.
      Tu mi chiedi come si confronta il popolo cubano col castrismo. Non posso certo dire che ne parlano bene. Anzi. Sembra quasi che non vedano l'ora di incontrare un turista per potersi sfogare un po' sulle cose che non vanno a Cuba. (Non possono farlo con chiunque, lì basta poco e ti denunciano per "atteggiamento antirivoluzionario". sembra uno scenario orwelliano, ma è così).
      La cosa di cui più si lamentano è il fatto di non poter viaggiare come vorrebbero, la difficoltà nel reperire alcune cose (sebbene, è bene ricordarlo, Cuba non è Haiti, nessuno muore di fame).
      Molti cubani che ho sentito provano una malcelata invidia verso lo sparluccichio della società dei consumi. Ti puoi immaginare con che occhi vedevano il mio ipod touch dei tipi che fino all'altro ieri non sapevano cos'era nemmeno il cellulare!
      Più in generale però tu mi parli di democrazia. E sulla mancanza di democrazia come la intendiamo noi a Cuba sono d'accordo anche io.
      Semplicemente mi pare che la nostra non sia tanto più “pura” di quella cubana. Sì è vero, forse esagero. Ma sappiamo benissimo che i nostri giornali non sono mai del tutto obiettivi, i nostri tg nemmeno a parlarne. E persino internet, da molti stolti visto come la soluzione alla cattiva informazione, non ci serve a tanto. E' vero che possiamo informarci di più, ma è anche vero che in tutto questo frullato ci beviamo anche un mare di balle. Con l'aggravante dell'istantaneità del web, che non permettere verifica delle fonti, né la ponderazione dei commenti.
      In un sistema dopato come il nostro, il sistema cubano si presenta come un sistema a dieta stretta.
      Non sono così sicuro di quale sia migliore.
      Castro nella sua lunga intervista (lèggitelo sto libro) non usa giri di parole o escamotages retorici per giustificare il fatto che a Cuba esiste una sola voce. Castro semplicemente chiede a sua volta al giornalista che lo intervista: sprecate tonnellate di carta per riviste con donne nude, è questa la vostra libertà di stampa?
      A Cuba la carta, come qualsiasi altra cosa, è una risorsa importante. Esiste solo un quotidiano la cui attendibilità delle notizia la verifica un comitato rivoluzionario.
      Certo, non è libertà. Ma ha un senso. Il nostro sistema iper liberale, che senso ha? Che linee guida ha?
      Cuba meriterebbe un sistema informativo migliore, ed un apertura maggiore al mondo, è indubbio. Il senso di claustrofobia culturale sull'isola è palpabile. Ma forse il nostro sistema meriterebbe una bella dieta.
      Sui diritti umani altro bel capitolone, non mi va di affrontarlo in questo post. Nel libro Castro ne parla diffusamente. Ma pure lì, il paragone viene spontaneo. Se a Cuba ci sono state violazioni di diritti umani, cosa sono state quelle di Abu Graib fatte dai “democratici” americani? O quelli dei democraticissimi italiani alla scuola Diaz di Genova nel 2001?
      Castro non è un santo, e Cuba non è il paradiso. Ma di sicuro la nostra società non ha nessun titolo per fare nessunissima morale.

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  2. vou escrever em portugues. somos latinos e como tal nos entendemos bem. che foi um homem marcante. vai ser lembrado como tal para sempre. não entendo muito de politica mas posso dizer que se cuba fosse um pais dito "livre" para a comunidade mundial, estaria cheio de coisas do mundo livre: mcdonalds, shell, bancos mundiais. nós dizemos somos livres. mas temos de seguir a mesma linha que os outros. se reclamas és logo uma pessoa não grata. és considerado anti-social. vandalo e talvez como muitos dizem geração rasca. em cuba não há tanta modernidade como no mundo ocidental. mas será que nós com os nossos consumismos somos mais livres que eles? ou estamos presos ás nossas contas para pagar. fica bem . um abraço . daniel franco

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  3. Molto interessante il tuo post Marco. Davvero centri, secondo me, il cuore del problema che, alla fine, riguarda forse più il nostro sistema che quello cubano.Nel senso che quello cubano viene continuamente messo in discussione, e sicuramente con qualche ragione, mentre il nostro no. Nessuno si pone il problema che anche il nostro sistema forse non è il "migliore dei mondi possibili" tutti però sono disponibili a dire che sicuramente quello di Cuba è sbagliato. Io per questo mi incazzo sempre quando sento parlare con semplicismo dell'esperienza cubana, perchè, ormai da anni faccio a proposito riflessioni simili alle tue. Tra l'altro vorrei aggiungere un altro elemento di discussione: sappiamo tutti che Cuba, grazie alla rivoluzione, ha scampato il destino che è toccato per molti decenni a tutto il resto dei paesi dell'America Latina. Gli USA non hanno mai perdonato a Cuba la possibilità che si è data di autodeterminarsi politicamente rispetto a tutti quei paesi del continente americano in cui invece gli USA hanno potuto scorrazzare liberamente deprendandoli delle loro risorse grazie ad un alleanza con le classi dirigenti a cui è stata garantita ricchezza e impunità ai danni della maggioranza della popolazione a cui invece è stata garantita solo fame e violenza. Penso al Brasile, al famosissimo Cile, al Venezuela, alla Colombia, al Salvador. Alcuni di questi paesi stanno uscendo solo ora e con grande fatica da questo ruolo di sudditanza e cmq la situazione sociale è ancora molto difficile. Quando sono stata in Servizio Civile Internazionale in Brasile mi sono sempre chiesta se fosse più democrazia quella in cui un bambino abitante di una delle tante favelas brasiliane, seppure dotato di cellulare e di libertà, arriva a 12 anni analfabeta, senza assistenza medica, con l'esperienza di violenza, di abuso sessuale quotidiano e con la prospettiva di morire prima dei 18 anni di morte violenta o quella in cui un bambino senza cellulare e senza piena libertà di espressione di movimento e di parole viene però curato, istruito e nutrito. Non lo so, non saprei dare una risposta netta a questo interrogativo però mi ricordo che quando lo posi a Frei Betto teologo della liberazione, consulente del primo governo Lula, prigioniero per molti anni nelle carceri brasiliane poichè contrario alla dittatura militare e profondo conoscitore della realtà cubana in cui ha passato diversi anni lui mi rispose "Cuba inevitabilmente dovrà cambiare ma se il futuro di Cuba dovrà essere il presente del resto dell'America Latina non c'è davvero da augurarglielo!"
    Quello che io più non sopporto è la sicurezza con la quale il semplicismo occidentale condanna Cuba e la sua esperienza la stessa con la sua quale assolve la sua altrettanto assurda esperienza.

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  4. "Cubans posters spread an ideology.
    Don't ours do the same?"

    questo riassume perfettamente tutto quello che hai scritto e che si può dire del modello occidentale (imperialista?) che ormai abbiamo,nostro malgrado, abbracciato.
    conoscere la storia scritta dai vincitori non ci aiuta a fare coscienza critica contro gli abusi che subiamo costantemente sia da dentro che da fuori la nostra bella nazione (sempre che sia ancora attuale parlare di nazione). ho sempre ammirato cuba, i cubani, ma non la loro ideologia, ma la loro voglia di combattere per qualcosa (lo stesso hanno fatto per avere un minimo di consumi, pensiamo alle battaglie di Yoani Sánchez, per avere una rete da cui parlare ai cubani). da Fidel fino a Yoani riconosco una forza di cambiamento che difficilmente si vede in altri paesi molto più cooptati di noi.

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  5. Marcos me gusta mucho tu post sobre Cuba y tus deseos de encontrar respuestas sin dejarte influenciar de los conceptos prestablecidos.
    Per certo Tu foto su la "Nacionalizacion de las escuelas privadas", encierra un momento historico importante desde entonces Castro tomo en mano la educacion y comenzo el lavado mental.....d'allora ci ha trasformato nei suo soldatini di piombo...Saluti

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