sabato 1 novembre 2014

A che punto sono coi miei fumetti (parte I)



Mi sono appena reso conto, aprendolo, che gli ultimi aggiornamenti del blog sono dei post assolutamente inutili e anche piuttosto datati.
Il motivo è che negli ultimi mesi ho dato molto peso a quella cosa che si chiama realtà e meno a quella che si chiama internet, a parte il solito cazzeggio sui social.
Grazie al deprimente inverno norvegese a metà tra l'anno scorso e questo infatti, ho ripreso a disegnare con una certa frequenza, sto cercando di dare forma ad una lunga (per i miei strandard) storia a fumetti a puntate, di cui avete già letto qualcosa su questo stesso blog .

Fare fumetti è una cosa lunga, a maggior ragione se devi scriverli anche e se nel frattempo devi anche fare altro, come lavorare, procacciarti del sesso e andare in Messico a drogarti (sono ovviamente dei puri e semplici esempi).
Avere un riscontro su internet è stato molto utile, ma la dimensione del fumetto per me rimane la carta, e quindi avevo bisogno che fossero letti su carta.
Correndo come un pazzo sono riuscito a riprendere a stampare fumetti, rifondando (col beneplacido del co-fondatore, Simone Danieli) la vecchia etichetta di fumetti Blatta Production proprio in Norvegia.
Grazie tantissimo anche all'insostituibile traduzione di  Ingrid Sælemir (non esistono tante norvegesi al mondo che conoscono sia il norvegese che l'italiano anche nelle sue sfumature di slang, e che lo parlino con accento messinese per altro!), alla revisione in inglese di Michele David per la prima parte e Lucas Coudry per la seconda (tutte queste traduzioni e revisioni in altre lingue hanno fatto sì che la versione con più errori e refusi fosse proprio in italiano), il primo parto cartaceo di Blatta Production in terra norvegese ha avuto luogo al Raptus di Bergen , il più importante festival del fumetto in Norvegia, dal 19 al 21 settembre di quest'anno.



E' stata la prima volta che dei lettori non italiani leggessero i miei fumetti , nonostante il supporto della comunità italiana a Bergen sia stato fondamentale in termini di presenza, risate e anche piatti di pasta. Il grazie collettivo è d'obbligo, soprattutto a Silvia Di Placido per essere stata una così perfetta segretaria hippy e Emanuele Reggiani per avermi procacciato continuamente del cibo. 


 




I primi due numeri sperimentali di Blatta Production in Norvegia (andati in stampa in tre lingue, ma in un'edizione limitata) sono andati praticamente esauriti, mi aspetta un altro deprimente inverno chino sul tavolo a disegnare episodi nuovi nella speranza che il 2015 porti altre novità (le porterà).



Di seguito la traduzione dell'intervista che mi è stata fatta al Raptus Festival da Kay Crowley (trascrivo il testo, ma non posto il video, mi vergogno del mio inglese) .



Kay- Gente, questo è Marcus L.
Marcus - A quanto pare la totalità del pubblico già mi conosce, perfetto. Grazie a tutti per essere venuti!(nota: all'inizio c'era solo una persona, Silvia che riprendeva)

K-E' un piacere averti qua.
M- Piacere mio.

K- “Crisis Comix” è il lavoro di Marcus, davvero vale la pena leggerlo!
M- Ovvio.

K- Puoi iniziare a parlarne tu stesso.
M- Va bene. Questa è in effetti la prima volta che presento i miei fumetti all'estero, fuori dall'Italia, da quando non vivo più in Italia, circa cinque anni fa. Facevo già fumetti in Italia, poi per un periodo ho smesso e adesso ho ricominciato di nuovo qui in Norvegia. Si tratta di una storia a episodi ad albi, finora due. E' un fumetto vagamente autobiografico, ma il tema principale è la crisi intesa etimologicamente, dal greco, opportunità, scelta, qualcosa che ti obbliga a cambiare. Il personaggio principale è ispirato al sottoscritto e deve affrontare delle scelte. Ma non c'è nessun accezione negativa alla parola “crisi”, come spesso si usa, in questo fumetto il concetto di crisi è legato a quello di scelta e quindi di opportunità, senza il significato negativo che siamo abituati ad attribuirgli, sebbene queste scelte delle volte siano brutali e spiazzanti.
E' una grande storia a fumetti a puntate formata da storie più brevi, che possono essere lette sia singolarmente che tutte insieme.


K- Cosa ti ha ispirato per queste storie?
M- Ho sprecato un sacco di tempo negli ultimi cinque anni, non potevo sopportare questo senso di spreco e così non ho fatto altro che raccogliere storie che mi erano successe e renderle narrazione. In fondo tutte le storie meritano di essere raccontate, il mio modo di raccontare storie è attraverso il fumetto. La cosa più difficile è passare dal particolare di una storia (che in fondo può non importare a nessuno) all'universale, che è quella parte di ogni storia che un po' riguarda tutti. E' quello che sto cercando di fare. Riguardo la serialità di queste storie mi sto ispirando, come idea, ai romanzi a puntate dei giornali dell'Ottocento, i cosidetti feuilleton.Questo per quanto riguarda la forma. Riguardo il contenuto quello che vorrei fare è un romanzo di formazione, una storia attraverso la quale il protagonista cambia, ecco perchè “Crisis comics”, come dicevo prima, crisi come scelta, cambiamento. Ad un certo punto, verso la fine degli episodi, la crisi personale del protagonista si inserirà nel contesto più grande della crisi economica mondiale. Ma questo tra qualche anno perchè sono molto lento. E poi comunque mi piaceva molto il tono drammatico della parola “crisi”.






K- Quanti albi di questa serie pensi di fare?
M- Di questa serie penso di fare quattro o cinque albi. Dopo questa serie vorrei iniziarne un'altra, una continuazione della prima, nella quale il personaggio principale si trasferisce in Norvegia, una serie più norvegese quindi, ma in realtà non lo so ancora, è già tanto se finisco questa.

K- Continuerai a pubblicare le tue storie da solo o attraverso un editore?
M- Beh, anni fa in Italia io e il mio socio Simone Danieli avevamo fondato un'etichetta, Blatta Production appunto, con la quale pubblicavamo le nostre cose. Tra l'altro nel secondo albo di “Crisis comic” intitolato “La vitaccia di un fumettista indipendente” si parla proprio di quella esperienza, ovviamente con diverse “licenze fumettistiche”.Per queste mie nuove pubblicazioni ho ripreso l'etichetta e inizio con l'autoproduzione, in base a come andranno le cose vedrò se qualche editore vorrà pubblicarle o se continuare con la mia etichetta qui in Norvegia. E' ancora un po' presto per dirlo.

K- Confrontando tuoi vecchi lavori con il lavoro attuale sembra che lo stile sia un po' cambiato.
M- Beh, credo che nell'arte bisogna sempre cercare di migliorare se stessi. E' quello che provo in continuazione, spero con esiti positivi, ma questo non posso dirlo io ovviamente. Coloro che conoscono i miei lavori precedenti possono vedere, credo, delle caratteristiche che sono rimaste nei miei disegni, ma adesso il tratto è più netto, meno sporco di prima, e ho anche provato a ripulire i testi, ma su quello non garantisco di esserci riuscito. Per la prima volta ho voluto usare il colore, l'ho fatto in tricromia, volevo vedere se è in grado di farlo . Poi...poi,...c''era un'altra cosa che volevo dire, ma mi sono scordato, è tutto.

K- Ok, pure io adesso mi sono scordata quello che volevo chiederti.
M- Ma per te è più semplice, tu hai un tablet!

K- E' scarico!
M- Pure il mio cervello...

K- Ah ecco, quanta libertà creativa hai?
M- Dal momento che i miei fumetti li pubblico io stesso direi il duecento per cento.


K- Una delle tue storie in “Crisis Comics” è ispirata alla “Metamorfosi” di Kafka. Quanto c'è di Kafka e quanto di tuo e se hai intenzione di citare ancora Kafka in futuro.
M- Beh, Kafka è uno dei miei autori preferiti, la sua maniera di rendere l'angoscia e sopratutto l'inspiegabilità degli eventi è inarrivabile. Nel mio fumetto prendo come spunto il famoso racconto kafkiano per raccontare una vecchia storia d'amore che era finita, ai miei occhi, inspiegabilmente. Come tutti sanno l'artista non è in grado di creare se è felice. Se si fosse felici ci si godrebbe la vita, mica ti metti a scrivere storie. Quando questa storia finì ero molto triste e quindi scrissi e disegnai una prima versione di “Metamorfosi” in pochissimo tempo, questo diversi anni fa, in Italia. Il fumetto che feci allora fu una sorta di reazione che aveva l'obiettivo di scatenare una reazione e, nelle mie intenzioni, riconquistare la fanciulla. Ciò non avvenne, ma ci diede l'occasione di parlare e così capì che non c'era stato nulla di inspiegabile, ero solo io che non avevo capito alcune cose. Nella prima versione la ragazza è una femme fatale senza cuore che provoca la trasformazione del povero protagonista. Nella seconda, che ho pubblicato adesso, le ragioni della trasformazione il protagonista deve cercarle in se stesso. Del racconto originale di Kafka rimane la volontà di rendere l'inspiegabilità della fine di un rapporto da parte di uno dei componenti della coppia, inspiegabilità che è spesso solo soggettiva, perchè alla fine i motivi ci sono sempre. E, ovviamente, l'idea della trasformazione in insetto gigante, che fumettisticamente è molto divertente.

K- Il tuo processo di creazione, esattamente, in cosa consiste, quanto tempo impieghi per fare una storia?
M- Beh, difficile quantificare perchè passo molto a pensare innanzitutto ai testi e mettere giù idee. Poi una volta che ho qualcosa di concreto faccio il layout a matita, lo ripasso in maniera più dettagliata, lo inchiostro, lo scansisco e lo coloro. Mi rendo conto che questo maniera di fare fumetti inizi col tempo ad essere considerata “old school”, dato che sempre più gente lavora direttamente con mezzi digitali, ma io ho imparato a farli così e mi viene meglio così. Chiaramente uso il computer e la tavola grafica per la colorazione, ma il mio è uno stile piuttosto semplice, i pochi interventi al computer non fanno certo la differenza nel risultato finale.
Il tutto è comunque spiegato molto efficacemente nelle tre immagini che ti ho mandato via email, puoi proiettarle se vuoi.

K- Bene, ecco qui come fa i fumetti Marcus L.






K- Grazie Marcus. Ci sono delle domande?

Tipo del pubblico- Si, volevo chiedere, secondo te quali sono le differenze tra come il fumetto è percepito in Norvegia e come è percepito in Italia?

M- Bella domanda! In effetti non lo so ancora esattamente perchè, come dicevo, per me è la prima volta che presento le mie cose in Norvegia. La mia impressione è che il fumetto qui sia molto apprezzato nella sua dimensione popolare, “Pondus” , Kollektiv”, i fumetti si vendono anche nei supermercati, ed è una cosa che mi piace molto. Come fumettista la mia massima ispirazione è essere letto mentre si è seduti nel water, avere una vocazione molto popolare, non di elite, che mi sembra presente nel modo in cui qui viene percepito il fumetto. In Italia ci sono molti più generi e festival specifici, sicuramente molte riviste indipendenti e molti autori. Questo sovraffollamento mi sembra che abbia creato un effetto ghetto, i vari generi fumettistici sono spesso non comunicanti tra loro,e sebbene ci siano molte case editrici e spesso difficile per un autore emergente o un etichetta indipendente riuscire ad arrivare più in alto. Ma dal momento che la situazione norvegese non la conosco ancora così bene non potrei fare un vero paragone.

K- Benissimo! Un grazie e un applauso a Marcus. Abbiamo iniziato con la sala semivuota e adesso invece...

M- E' vero, grazie, sono commosso. Grazie a tutti e sei.



Qui di seguito invece la  traduzione della prima recensione dei miei fumetti in Norvegia del giornalista Trond Sætre. Il link all'articolo originale è questo, ma la traduzione che ne fa Google è molto brutta, quindi ho preferito tradurlo meglio e postarlo qui.




 Recensione uscita sul quotidiano
Lyderhornavis il 28 novembre 2014, di Kristian Hellesund, segue traduzione.



Autobiografia e metamorfosi
di Kristian Hellesund

Il fumettista italiano Marcus L. è una boccata d'aria fresca nella scena fumettistica norvegese. 
Il primo numero della sua "Crisis Comix" è ora disponibile in norvegese.


Marcus L. è stato tenuto ben nascosto dalla maggior parte  dei visitatori quando a settembre ha fatto parte degli ospiti al festival del fumetto di Bergen. Il fumettista italiano vive da un po' a Bergen e la sua prima uscita in norvegese, “Crisis Comix” è stata fatta in concomitanza con festival. Il primo numero di “Crisis Comix” è un fumetto apparentemente autobiografico. Consiste in due storie che si completano a vicenda. Nell'inizio, letteralmente esplosivo,  Marcus L. e l'amico Giorgio ( *) filosofeggiano sulle loro vite sentimentali mentre fanno colazione. Questo il preludio alla seconda storia, nella quale Marcus si trasforma in una blatta. Tutto viene chiarito meglio successivamente in occasione di un importante esame l'incontro con una sua ex fidanzata.Il disegnatore Marcus L. è stata una conoscenza interessante.  In “Crisis Comix” mostra una linea consapevole, caricaturale che 
crea vita. Usando una limitata tavolazza di colori (**) , -gli viene una espressione in cui il tratto stilizzato è centrale. In tutto è pieno di effetti e graficalmente impressionante.Le storie che Marcus L. racconta sono divertenti e dai molti livelli di lettura. L'autore ha inserito un certo numero di riferimenti sia nei testi che nei disegni, forse esagerando un poco con quelli su Kafka. I dialoghi sono particolarmente buoni , l'ansia umana del quotidiano è descritta in maniera eccellente da Marcus L. sia attraverso metafororiche espressioni grafiche sia atrraverso dei testi chiari e semplici. “Crisis Comix” è una grande presentazione di Marcus L. e il suo lavoro. La pubblicazione è disponibile anche in italiano ed inglese e vale la pena darci un'occhiata.

DATI DI PUBBLICAZIONE
“Crisis Comix” nr. 1
Di: Marcus L.
Traduzione: Ingrid Sælemyr
30 pagine
50 corone
Blatta Production



















































giovedì 3 aprile 2014

Tirati dietro la porta (1986)

Il titolo a questo fumetto l'ho dato adesso, liberamente preso da una delle sue poche parti parlate. Quello che state per leggere è il mio primo fumetto documentato, diligentemente da me firmato e datato (sul retro) : " Marco Lanza, martedì 7 aprile 1986". Pensavo di aver iniziato a fare fumetti a dieci anni, questo ritrovamento mi fa datare all'indietro di almeno di due anni questo esordio. Questo fumetto mi ha stupito molto. E' stato realizzato da un "io" che non esiste più, ma che in fondo forse  è rimasto sepolto dagli "io" successivi che si sono stratificati negli anni. Non avevo ancora un sacco di sovrastrutture mentali, ero un bambino di sette anni e mezzo. Questo primo esempio (documentato, a questo punto chissà se è davvero il primo), ritrovato come una reliquia in maniera del tutto insaspettata dopo quasi ventotto anni è stato per me un viaggio emozionante. C'è la pura voglia di raccontare qualcosa, la gioia pura di sparare del colore, senza nessun tipo di paura, paranoia, voglia di piacere, velleità intellettuale o artistica. Pura voglia di raccontare una storia. Di di sicuro non è una storia dello stesso registro di quelle che avrei fatto poi anni dopo. Ci sono tutti gli elementi per classificarla come un fumetto a tutti gli effetti: la sequenzialità, un protagonista ("Giufà", ovviamente preso dall'omonimo personaggio popolare), una coprotagonista (la mamma), degli antagonisti, pochi dialoghi rigorosamente inseriti in balloon, persino l'onomatopea di un esplosione. Non saprei dire se è una storia già esistente o una storia di mia fantasia. Nemmeno sono sicuro di aver capito bene la storia, anzi chiedo a chiunque la legga, se vuole, di dare una sua interpretazione. Mi viene in mente una frase di Picasso : " tutti i bambini sono artisti, il difficile poi è rimanerlo da grandi".
Aveva ragione. 

Buona lettura di questo reperto, fatevi sotto con le interpretazioni! Il fumetto è suddivisio in vignette e poi pubblicato nell'insieme e anche il retro del foglio, magari ci sono degli indizi utili per la sua decodificazione).